“Reinventare è il lavoro quotidiano degli architetti”. Con queste parole Anne Lacaton, co-fondatrice dello studio francese Lacaton & Vassal, ha dato avvio alla conferenza tenuta il 1° marzo all’interno del ciclo di incontri Looking Around della Fondazione per l’architettura. E in queste parole si può sintetizzare la filosofia che fa da filo conduttore nella sua pratica professionale, caratterizzata da un approccio estremamente attento e rispettoso del contesto in cui opera, non solo da un punto di vista architettonico, ma anche a livello sociale. Un esempio fra tutti: la sede del FRAC di Dunquerke; l’edificio si trova in un’area portuale dismessa ed è l’unico sopravvissuto, con il compito di rappresentare la memoria dei cantieri navali poiché di lì passavano le navi per l’ultima fase dell’assemblaggio prima di prendere il largo.
In che modo lo studio ha scelto di intervenire su un edificio così imponente da essere definito “la cattedrale”?
Nel modo più delicato possibile: senza riempirlo! Una volta entrati per il primo sopralluogo gli architetti si sono infatti trovati di fronte ad uno spazio ampio e vuoto, di enorme fascino e hanno subito compreso quale enorme peccato sarebbe stato suddividere l’interno per svolgere le funzioni indicate dal concorso cui intendevano partecipare. Decisero quindi di lasciarlo intatto e creare un suo gemello, identico per volumetria, ma costruito secondo le necessità attuali, “un modo per rispettare il passato, per far rinascere il luogo senza porsi in competizione con la struttura originaria o esserne schiacciati”. La stessa lettura del contesto e modalità di intervento si ritrova anche nei numerosi interventi di ristrutturazione dell’architettura moderna di edifici di social housing, nei quali lo studio Lacaton & Vassal si è spesso opposto alla decisione di demolire e successivamente ricostruire, preferendo intervenire direttamente sull’esistente, magari aggiungendo parti nuove.
Un scelta che obbliga a fare i conti con numerosi vincoli. Perché allora non adottare la soluzione più semplice?
Perché sarebbe una sconfitta per l’architettura affermare che nulla può essere fatto per migliorare un edificio. E perché significherebbe dare un messaggio sbagliato a chi lì ha sempre vissuto, vorrebbe dire che quel luogo è talmente “brutto” che nessuno saprebbe come trasformarlo. “Per far meglio bisogna sempre aggiungere, mai demolire” ritiene Anne Lacaton. Questa affermazione è alla base dell’intervento di ristrutturazione della Tour Bois le Prêtre a Parigi nel 2001, un condominio composto da 100 appartamenti; lo studio Lacaton & Vassal decise di concentrarsi sull’interno, ricercando i punti di forza e mettendo in luce le criticità. Non potendo modificare facilmente l’articolazione degli ambienti suddivisi da muri in cemento armato, scelsero di creare un solaio esterno per ampliare gli appartamenti con balconi e giardini d’inverno.
Una soluzione che avrà certamente comportato costi superiori…
Al contrario! È stato speso metà del budget previsto per la demolizione e ricostruzione. La ristrutturazione infatti ha potuto svolgersi senza far traslocare le 100 famiglie che vivevano all’interno, riducendo la spesa e i disagi; inoltre si è cercato di toccare il meno possibile la struttura originaria, ma ci si è limitati a lavori di finitura; infine l’ottimizzazione dei materiali e il ricorso a moduli prefabbricati per le estensioni hanno consentito un ulteriore risparmio. Il risultato è stato un miglioramento della qualità della vita degli abitanti, aspetto direttamente legato alla generosità degli spazi a disposizione e alla libertà con cui questi possono essere utilizzati. Un risultato che costituisce la vera finalità della progettazione perché secondo Anne Lacaton il compito dell’architetto non è solo quello di migliorare uno spazio a livello estetico ma di renderlo abitabile dalle persone.