I Giardini della Venaria Reale dimostrano come il restauro degli spazi verdi possa restituire un inestimabile patrimonio ai cittadini, dal punto di vista culturale e sociale. Il tema sarà al centro di un incontro venerdì 30 giugno, ma intanto ce ne parla Marta Santolin.
31 metri quadrati a testa; secondo i calcoli elaborati nel 2016 dall’Istat, è questa la media di verde urbano di cui dispone chi vive in Italia. Ma, trattandosi di una media, ci sono ben 2 milioni di persone che non possono godere neanche della soglia minima che dovrebbe essere garantita, ossia 9 metri quadrati. Infatti il verde è un diritto sancito da quasi 50 anni dal Ministero del Lavori Pubblici (DM 2 aprile 1968) con l’obiettivo di ripartire il giusto equilibrio tra aree costruite della città e spazi in grado di soddisfare i bisogni sociali dei suoi abitanti.
Alle porte di Torino, la Reggia di Venaria Reale si inserisce in una grande cornice verde voluta da Carlo Emanuele II di Savoia intorno alla metà del Seicento per offrire giardini e boschi per la caccia alla corte. Se oggi abbiamo ereditato un polmone verde e possiamo godere dei suoi benefici – un’arma contro l’inquinamento, una sorgente inesauribile per il benessere psicofisico, una location in cui svolgere attività ricreative e fare sport – è grazie a un recente intervento di restauro.
Ne parliamo venerdì 30 giugno alle 14.00 durante l’incontro Architettura & Restauro che indagherà il processo di trasformazione attraverso una conferenza e una visita guidata.
Nel frattempo abbiamo chiesto a Marta Santolin, referente scientifico Fondazione Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali Venaria Reale, gli aspetti più significativi dell’intervento di restauro.
“I Giardini della Venaria Reale sono un’area di 80 ettari che ancora alle soglie degli anni 2000 non era fruibile e nella quale non si riuscivano più a percepire i frammenti della conformazione originale sei-settecentesca. Il progetto di restauro è interessante però non solo per l’ampiezza e perché ha portato alla restituzione di una porzione di territorio ai cittadini, ma anche per molte altre ragioni.
Innanzitutto per la sua complessità: partendo da una foto aerea che mostrava i sedimi principali, si è poi proceduto con l’analisi di documenti e indagini archeologiche. Un percorso virtuoso interdisciplinare che ha ricostruito un territorio che era andato perduto nelle sue caratteristiche principali.
In secondo luogo per la modalità di restituzione scelta, che è avvenuta in parte attraverso la presentazione degli scavi archeologici, in parte attraverso una reinterpretazione in chiave contemporanea con interventi sul verde e l’allestimento di opere d’arte contemporanea. Il tutto finalizzato alla valorizzazione dei giardini e alla fruizione di un ambiente annesso ad una struttura museale, che riproducesse l’atmosfera di loisir originaria della Reggia.
Infine perché il restauro della Reggia e dei giardini è stato lo stimolo per avviare una riqualificazione anche delle aree circostanti con interventi sulla mobilità e la pedonalizzazione di alcune aree”.