Architetture parlanti

Perché l’architettura non crea più edifici parlanti? Si è aperto così il secondo incontro dei Talk di Building Happiness: Raul Pantaleo ci ha raccontato come progettare dei luoghi che attivano una parte profonda del nostro essere, in cui le persone possono riconoscersi e sentirsi a casa.

Perché l’architettura contemporanea non crea più edifici parlanti? Si è aperto con questa domanda il secondo incontro dei Talk di Building Happiness, che si è tenuto il 30 maggio al Teatro Vittoria.

Il nostro ospite Raul Pantaleo, architetto, professore all’Università di Trieste e co-fondatore di TAMassociati, ha fatto riflettere il pubblico sull’evoluzione dell’architettura, che ha sempre presentato delle stratificazioni simboliche legate a elementi apotropaici, alla parte profonda del nostro essere.

Secondo Pantaleo i nani da giardino, considerati spesso di cattivo gusto, sono il perfetto esempio di come le nostre menti possono esprimersi inconsciamente. Questi oggetti vengono infatti posti in posizioni simboliche: nel mondo in cui viviamo il giardino diventa così un luogo espressivo, in cui gli esseri umani sono liberi di manifestare la loro capacità inconscia (“Un pisolo in giardino”, edito da Elèuthera, 2006).

Quindi, Pantaleo si è chiesto come possiamo riattivare un rapporto empatico e simbolico con la materia. La pareidolia è la tendenza a vedere i volti umani negli oggetti inanimati, meccanismo che attiva l’area fusiforme facciale del nostro cervello: è proprio questo fenomeno che può far diventare gli edifici di nuovo parlanti. Pensare quindi a un’architettura che provoca un processo di simpatia con gli spazi è il modo giusto per rispondere al bisogno di costruire un linguaggio che metta in contatto materia fisica ed esseri umani.

Entrare in risonanza con l’architettura è tipico dei bambini. Tra i vari casi studio, Pantaleo ha approfondito il tema della progettazione di spazi dedicati alla nascita e all’infanzia, soprattutto in luoghi di conflitto. Pantaleo afferma che “tutti, in ogni parte del mondo, hanno il diritto di nascere in un luogo felice”. Infatti, questi edifici vengono spesso progettati pensando alla bellezza come strumento di cura e gioia: a questa dimensione sarebbe importante affiancare l’attivazione di fenomeni di pareidolia.

Gli elementi antropomorfi inseriti negli edifici rappresentano una sorta di esperanto architettonico, una lingua universale senza nessuna distinzione tra esseri umani. Utilizzandoli è possibile progettare un luogo che attiva una parte profonda del nostro essere, in cui le persone possono riconoscersi e sentirsi a casa: questo per Raul Pantaleo è il significato di felicità.

Building Happiness è un progetto promosso dalla Fondazione per l’architettura / Torino reso possibile anche grazie a:
Contributor: Fondazione Compagnia di San Paolo
Sponsor Gold: DierreFresia AlluminioIdrocentro
Sponsor Silver: Ceramica MediterraneaSikkensTraiano Luce

Foto di Edoardo Piva.