I musei come “terzi spazi”: modelli di comunità e innovazione

Il concetto di “terzo spazio” definisce ambienti diversi rispetto a quelli della casa o del lavoro, dove le persone si incontrano liberamente. I musei moderni incarnano questo modello: sono luoghi dove le persone si incontrano e riflettono, attraverso il contatto con l’arte e con la comunità.

I musei hanno subito una profonda trasformazione, evolvendo da luoghi di mera contemplazione dell’arte a spazi interattivi e inclusivi, in grado di riflettere le dinamiche sociali e culturali contemporanee. Oggi, i musei non sono più solo luoghi dove si conservano e si espongono opere d’arte, ma veri e propri “terzi spazi” che promuovono il dialogo, la partecipazione collettiva e l’integrazione sociale.

Il concetto di “terzo spazio“, introdotto da Ray Oldenburg (The Great Good Place, 1989) definisce ambienti, diversi rispetto a quelli della casa (primo spazio) o del lavoro (secondo spazio), dove le persone si incontrano liberamente senza obblighi formali. I musei moderni incarnano questo modello: sono luoghi dove le persone si incontrano, condividono esperienze e riflettono, attraverso il contatto con l’arte e con gli altri membri della comunità.

La loro architettura, da spazi rigidi e monumentali, si è evoluta verso ambienti più fluidi e dinamici, che favoriscono l’interazione sociale. In passato, i musei erano concepiti come templi della cultura, spazi severi e formali che rispecchiavano il potere delle istituzioni culturali, come il Louvre o il British Museum. L’architettura era pensata per isolare l’opera d’arte in ambienti separati, ponendo l’accento sulla contemplazione solitaria. Tuttavia, a partire dal XX secolo, l’architettura museale ha iniziato a subire un cambiamento radicale, grazie all’introduzione di architetti visionari come Le Corbusier, Mies van der Rohe e Frank Lloyd Wright, che hanno promosso l’apertura degli spazi verso l’esterno e l’integrazione con la città. L’esempio emblematico di questa evoluzione è il Guggenheim di Bilbao, progettato da Frank Gehry, un’architettura iconica che sfida le tradizioni e crea una relazione diretta con l’ambiente urbano. Così come il Centre Pompidou di Parigi, progettato da Renzo Piano e Richard Rogers, che ha eliminato le distinzioni tra spazi pubblici e privati, favorendo un’interazione costante tra il museo e la città.

Nel XXI secolo, i musei continuano a spingere verso l’accessibilità e l’inclusività, non solo fisica, ma anche culturale. La progettazione museale mira a garantire che tutti possano fruire della cultura, indipendentemente dalle proprie capacità fisiche, sociali ed economiche. La barriera tra l’arte e il pubblico è stata abbattuta, e i musei sono diventati “centri di comunità“, dove ogni persona può sentirsi inclusa. L’architettura dei musei contemporanei integra luoghi di incontro come caffè e librerie, trasformando questi spazi in elementi fondamentali per la socializzazione e la creazione di un’esperienza culturale condivisa.
L’architettura museale oggi non è solo un contenitore per l’arte, ma parte integrante dell’esperienza culturale. Le mostre interattive, l’uso delle tecnologie digitali, i laboratori e le attività educative invitano il pubblico a partecipare attivamente, anziché limitarsi a osservare. I musei, quindi, si trasformano in piattaforme per la comunità, dove si organizzano eventi, conferenze e dibattiti pubblici, riflettendo le dinamiche politiche, sociali ed economiche più ampie.

La relazione tra il museo e la città si estende anche al mondo digitale, dove le esperienze virtuali e le applicazioni interattive rendono l’arte accessibile a un pubblico ancora più vasto, traslando il concetto di “terzo spazio” anche in quello digitale. I musei non sono più luoghi chiusi, ma veri e propri catalizzatori di esperienze culturali collettive, che contribuiscono alla crescita e alla riflessione sociale.

La Fondazione per l’architettura / Torino partecipa alla riflessione contemporanea sull’evoluzione dell’architettura museale già nel 2022 con Cultura di Base, progetto che si propone di esplorare e valorizzare la relazione tra architettura e benessere psicofisico delle persone, o con il percorso di ricerca del 2024, Building Happiness, che indaga la relazione tra spazi ed emozioni. Alla base c’è l’idea che uno spazio caratterizzato da un’architettura intensa, concetto che fa riferimento a luoghi progettati per stimolare una risposta emotiva e sensoriale da parte degli utenti, incoraggi una fruizione consapevole e partecipativa degli spazi.

Un’architettura, quindi, che non solo risponda a criteri estetici o funzionali, ma che si faccia carico anche della dimensione psicologica e sociale degli utenti. In un museo concepito come un “terzo spazio”, questi principi trovano applicazione nell’attenzione alla qualità degli ambienti, che non sono più solo scenari per l’arte, ma spazi da abitare con i nostri corpi, luoghi dinamici di connessione, dialogo e innovazione sociale, opportunità per i cittadini di partecipare attivamente alla costruzione di una narrazione collettiva.

Ne parleremo in maniera approfondita durante l’incontro del 10 dicembre organizzato da Migliore + Servetto alle Gallerie Italia: “Museum seed. The futurability of cultural places”. Iscriviti!