Il legame tra spazi architettonici e cura è un tema di crescente rilevanza. La Fondazione ha esplorato questo tema negli anni attraverso vari progetti, che pongono al centro il benessere delle persone, dimostrano come l’architettura possa essere un potente strumento di cura.
Il legame tra spazi architettonici e cura è un tema di crescente rilevanza, negli ambienti sanitari ma anche in tutti i contesti che accolgono persone vulnerabili o in situazioni di fragilità, come i luoghi per la disabilità o per la prima infanzia. La progettazione di spazi che rispondano ai bisogni psicofisici degli utenti può contribuire significativamente al miglioramento della qualità della vita, influenzando non solo l’esperienza diretta del paziente, ma anche il rapporto stesso tra paziente e medico.
La Fondazione per l’architettura / Torino ha esplorato questo tema negli anni attraverso i progetti ARIA, Spazi Neonati, Cultura di Base e Building Happiness. Questi progetti, che pongono al centro il benessere delle persone e dimostrano come l’architettura possa essere un potente strumento di cura. Ogni aspetto, dalla distribuzione degli spazi alla scelta dei materiali, dalla luce naturale alla qualità dell’acustica, ha un impatto diretto sulla percezione e sullo stato d’animo di chi, questi spazi, li vive.
Cerchiamo di rimanere sensibili ai temi contemporanei della progettazione: la crescente consapevolezza degli effetti che l’ambiente costruito ha sulla salute mentale, la necessità di inclusività e l’importanza di un design che risponda a bisogni fisici, cognitivi ed emotivi differenti. La cura attraverso l’architettura non si limita a una dimensione estetica o funzionale, ma si configura come un intervento profondo, capace di intervenire sulla qualità della vita a livello individuale e collettivo.
La qualità dello spazio come fattore terapeutico
Numerosi studi interdisciplinari hanno documentato il legame tra l’ambiente costruito e il benessere psicofisico. L’adozione di principi architettonici che favoriscono la percezione di comfort, sicurezza e connessione con la natura può ridurre significativamente livelli di stress e ansia, facilitando così i processi di guarigione.
La vista di spazi verdi o di paesaggi naturali attraverso una finestra riduce i livelli di stress, abbassa la pressione sanguigna e accelera il recupero post-operatorio. Questo tipo di ricerca ha portato alla promozione di un approccio più consapevole nella progettazione di ospedali e cliniche, dove l’orientamento verso spazi luminosi, la connessione visiva con l’esterno e l’uso di materiali naturali sono diventati elementi chiave. Contribuiscono a migliorare il comfort visivo e supportano la cura sugli utenti, creando spazi di “restaurazione psico-fisica“.
Parallelamente, la progettazione di ambienti senza barriere fisiche e sensoriali rappresenta una sfida centrale nell’architettura inclusiva. In contesti dedicati alla disabilità, la qualità dell’architettura diventa fondamentale per garantire la dignità delle persone e l’inclusione sociale, oltre che stimolare il benessere psicologico degli utenti. L’adozione di principi progettuali che privilegiano la continuità spaziale, l’assenza di ostacoli e la chiarezza nei percorsi permette alle persone con disabilità non solo di muoversi in autonomia, ma anche di sentirsi accolte in ambienti che non enfatizzano la loro condizione di diversità. La progettazione di spazi che facilitano l’incontro e l’inclusione, come ampie aree comuni, spazi di socializzazione o anche la disposizione degli arredi, contribuisce non solo alla funzionalità, ma anche al benessere psicologico. Spazi ben organizzati, chiari nelle loro funzioni e percorsi, ma anche che rispecchiano una struttura aperta e accogliente, possono facilitare la socializzazione e ridurre il senso di isolamento, spesso evidente in contesti di cura a lungo termine.
L’architettura come strumento di relazione tra medico e paziente
Un altro aspetto cruciale è la dinamica del rapporto medico-paziente. La configurazione spaziale e la qualità degli ambienti di cura, infatti, non solo supportano le necessità pratiche e logistiche delle strutture stesse, ma giocano un ruolo cruciale nel facilitare una comunicazione empatica e il benessere psicologico dei soggetti coinvolti. Ambienti progettati in modo sensibile e attento possono contribuire a migliorare l’efficacia della relazione terapeutica, promuovendo un’interazione più fluida, confidenziale e aperta tra i due protagonisti.
Inoltre, l’approccio orientato al benessere e alla cura ha il potenziale di migliorare anche la salute dei medici e degli operatori sanitari. Un ambiente di lavoro sereno, che rispetti l’equilibrio psicologico e fisico degli operatori, si traduce in un miglior rapporto di cura con i pazienti e in una maggiore soddisfazione nel lavoro. Ambienti di lavoro che rispettano i bisogni fisici ed emotivi degli operatori contribuiscono a ridurre il burnout e migliorano la qualità del servizio sanitario.
Le evidenze scientifiche supportano l’idea che gli spazi non siano meri contenitori, ma attori determinanti nel favorire il benessere fisico, psicologico ed emozionale di tutte le persone coinvolte nel processo di cura, contribuendo a una medicina sempre più umanizzata e centrata sulla persona.
La Fondazione e i progetti come atto di cura
La Fondazione per l’architettura / Torino ha posto particolare attenzione alla progettazione di ambienti che promuovono il benessere fisico e psicologico degli individui, indagando il rapporto tra architettura e cura a partire da differenti aspetti della progettazione architettonica.
Attraverso il progetto ARIA, nato per immaginare il restyling del refettorio, dell’area attività e, soprattutto, del terrazzo del reparto psichiatrico dell’Ospedale Santa Croce di Moncalieri, abbiamo compreso le possibilità e i benefici della progettazione partecipata che, se assunta in gruppi multidisciplinari e sotto la guida di uno o più architetti esperti, ha effetti positivi sulla salute, sia delle persone che dei luoghi.
Anche Spazi Neonati, il progetto applicato agli ambienti di relazione del reparto di Terapia Intensiva di Neonatologia Universitaria dell’Ospedale Sant’Anna, ha visto i genitori dei neonati ricoverati, i medici e gli infermieri della Terapia Intensiva Neonatale lavorare insieme ai genitori e agli esperti di architettura e design per riflettere sul contributo che il disegno degli interni riveste per la vivibilità degli spazi di cura.
Cultura di Base, che ha sperimentato l’apertura di ambulatori di medicina generale all’interno di luoghi di cultura di Torino, ci ha permesso un affondo sul concetto di architettura intensa e su quanto profondo sia il suo impatto sul benessere della comunità. Un’architettura, dunque, che non si limita a essere funzionale o estetica, ma diventa un’esperienza in cui l’utente è immerso e stimolato, coinvolgendo la sfera emotiva nel suo rapporto con l’ambiente costruito.
Questi progetti non solo affrontano la sfida della funzionalità, ma anche quella della sensibilità al contesto sociale, culturale ed emotivo degli utenti, proponendo soluzioni che vanno oltre il semplice soddisfacimento dei bisogni primari. La progettazione architettonica in questi casi si configura come un vero e proprio atto di cura, capace di interagire con le dimensioni psicologiche e fisiologiche delle persone.
L’idea di “spazio come cura” si radica in numerose teorie interdisciplinari che vedono l’ambiente costruito come un elemento determinante nella salute globale dell’individuo, concetto alla base di Building Happiness, il progetto che intende comprendere la relazione tra spazio costruito ed emozioni.