Pur nelle loro diversità, gli eporediesi edifici di Olivetti e la torinese Falchera Vecchia sono due esempi di sviluppo urbanistico del periodo industriale disegnati attorno alle esigenze degli abitanti. Ne parleremo a ottobre durante due corsi dedicati.
Da una parte Ivrea, con i suoi edifici olivettiani realizzati tra gli anni ’30 e ’60 all’interno di un progetto industriale e socio-culturale di tutto rispetto, testimonianza di come architettura e urbanistica possano rispondere in modo armonico e responsabile alle esigenze economiche, sociali e culturali del territorio, ponendo l’individuo sempre al centro del progetto.
Dall’altra il quartiere di Falchera Vecchia di Torino, voluto dal programma INA Casa a seguito dell’impennata demografica del secondo dopoguerra come unità autosufficiente dal centro storico e, almeno nelle intenzioni, avamposto per uno sviluppo della città verso nord.
Due casi che durante il nuovo semestre indagheremo con due corsi dedicati che alterneranno teoria e pratica: Le architetture olivettiane e il moderno (12 CFP) in programma il 19 e il 20 ottobre e Il quartiere Falchera Vecchia (8 CFP), appuntamento del 26 ottobre inserito nel ciclo Lez-Go.
Il primo frutto dell’impegno di un imprenditore illuminato, il secondo espressione del volere dell’amministrazione. Nella loro diversità questi due casi di sviluppo urbanistico del periodo industriale raccontano due diverse risposte a un’esigenza abitativa, conseguenza dello sviluppo industriale.
Tra gli anni a ’30 e ’60 a Ivrea, capitale delle macchine da scrivere, delle calcolatrici meccaniche e dei computer, architetti e urbanisti diedero forma non solo a edifici per la produzione industriale ma anche a sedi per l’amministrazione, uffici, residenze e strutture per i servizi sociali rivolti agli operai e alle loro famiglie. Nacque così l’inestimabile patrimonio architettonico di Ivrea Città Industriale, recentemente iscritto alla Lista Mondiale dell’UNESCO.
Patrimonio che inizia, però, a necessitare di interventi di conservazione e valorizzazione guidati da professionisti specializzati e competenti. Ed è sulle nozioni professionali e tecniche necessarie per gestire il restauro di queste opere che si concentrerà il corso Le architetture olivettiane e il Moderno (12 CFP) organizzato con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e la Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Anche in questo caso il programma prevede sia lezioni frontali che visite guidate, per conoscere direttamente lo stato di conservazione delle architetture tra piastrelle klinker, graniglia, mattoni a vista e molti altri.
Negli stessi anni dello sviluppo di Ivrea, a 40 chilometri di distanza si sviluppò un altro interessante esempio di sviluppo urbano: l’area Falchera, debitamente discusso con gli architetti Roberto Fraternali e Mauro Sudano con il corso Il quartiere Falchera Vecchia (8 CFP), un’occasione per comprendere le soluzioni proposte dal piano urbanistico firmato da Giovanni Astengo ai flussi migratori che, a partire dal ’45, contavano anche fino a 25mila nuovi abitanti l’anno. Anche Ettore Sottsass Sr., Gino Becker e Augusto Romano contribuirono alla realizzazione dei blocchi residenziali di Falchera Vecchia; disposti su corti aperte e con i loro 1.500 alloggi pensati per 6.000 abitanti, furono realizzati nel rispetto delle tradizioni tipiche delle cascine locali prendendo allo stesso tempo ispirazione da esperienze abitative del Nord Europa.
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