Studenti, architetti, designer e cittadini appassionati o incuriositi da tutto ciò che ruota attorno al mondo della progettazione: ecco i numeri e la voce di chi in questi giorni ha vissuto la casa del Festival Architettura in Città.
Studenti, architetti, designer e cittadini appassionati o incuriositi da tutto ciò che ruota attorno al mondo della progettazione: è numeroso ed eterogeneo il pubblico che per un motivo o per l’altro ha vissuto lo Spazio Q35, la casa del Festival Architettura in Città, chi solo per qualche ora e chi per più giorni.
C’è chi è venuto per seguire una conferenza, chi per esplorare il Festival nel suo complesso, chi ha scoperto lo Spazio Q35 seguendo un amico, chi ha contribuito alla realizzazione di un’iniziativa e chi era presente “perché Architettura in Città si attende tutto l’anno”.
Non abbiamo ancora i numeri di tutte le iniziative del Festival, ma sappiamo che hanno partecipato agli appuntamenti presso lo Spazio Q35 5.000 persone.
Per scoprire cosa pensano gli abitanti dalla casa del Festival del tema di Architettura in Città, le relazioni tra l’abitare e la città, abbiamo ascoltato la loro voce chiedendo cosa non può mancare in una città perché ci si possa sentire a casa. Per Alberto sono indispensabili gli spazi pubblici accessibili a tutti, facilmente percorribili e connessi da infrastrutture che li rendano facilmente raggiungibili. Per le due studentesse Margherita e Martina la parola d’ordine è “più spazio”: più spazi di incontri, più spazi verdi e più spazio a livello sociale, ossia più opportunità lavorative perché ci si possa sentire parte attiva della città. Secondo Marta, studentessa milanese, per prima cosa ci devono essere i servizi adeguati, sia pubblici che privati, dal car sharing alle aule studio. Per Olga, studentessa che ha lasciato Roma un paio di anni fa, Torino è già casa: forse un po’ meno caotica rispetto alla capitale, qui trova eventi culturali e di svago in cui si riconosce e che trasformano spazi vuoti in luoghi di incontro e di aggregazione, elementi indispensabili anche per Claudio, torinese e da poco trasferitosi a Milano. Non la pensa così il suo omonimo, futuro paesaggista, per il quale per sentirsi a casa c’è bisogno di un parco naturale, selvaggio, “più simile alle Vallere che non al Valentino”. Per Giorgio, invece, nessuno potrebbe rispondere meglio a questa domanda di un homeless: sono i senzatetto coloro che vivono davvero la città come casa, una condizione cui è possibile dare risposta solo attraverso un approccio multidisciplinare, unendo le forze di tutti, da chi può disegnare una tenda a chi si occupa di urbanistica.
Cosa permette all’abitazione di essere in relazione con la città? Mettendo insieme le risposte, la casa “ideale” per gli abitanti del Festival dispone di spazi, come un cortile o un terrazzo, in cui sia possibile sovrapporre usi privati e pubblici e per cui la sicurezza non implichi chiusura. Non basta però condividere i luoghi, bisogna anche condividerne gli usi, dalla cura degli ambienti comuni all’organizzazione di eventi. Inoltre è fondamentale anche il contesto: la casa deve essere collegata a tutti i servizi di cui si può avere bisogno e deve essere inserita in una zona viva in modo che uscendo di casa si possa respirare la vita di quartiere. Infine, perché no, deve offrire un’invidiabile vista sulla città.