Comunicare l’architettura con linguaggi differenti aiuta il cittadino a comprendere il ruolo dell’architetto. Giorgio Giani commenta l’incontro Architetture da favola.
I progetti e la professione vanno raccontati, sennò le persone non possono saper cogliere la differenza fra un architetto ed un qualsiasi altro professionista tecnico: noi non possiamo permetterci di lasciare che questa confusione continui a perpetrarsi. Non c’è nessun conflitto fra la cultura architettonica e l’architettura tecnica, gli architetti possono interpretare tutti i ruoli in modo creativo offrendo un valore aggiunto che è tipico loro e se lo perdono, o non lo mettono in evidenza, hanno perso la migliore chance di emergere nell’universo indifferenziato delle attività tecniche.
Quando domenica aprendo l’iniziativa della Fondazione alla Scuola Holden per Biennale Democrazia ho iniziato a dire “noi tutti viviamo nell’architettura quotidianamente o con l’architettura intorno a noi, in questo momento siamo dentro una architettura che era nata per un compito duro, respingente, ma è stata trasformata con un progetto che l’ha fatta rinascere ed oggi è accogliente, ci si sente bene a starci dentro”, vedevo le persone che alzavano lo sguardo e si guardavano intorno, cercando i segni del passato ancora molto evidenti in quella sala.
Domenica il pubblico era numeroso e la maggioranza di loro non era fatta di architetti e proprio questo rendeva più interessante quello che stavamo facendo. Probabilmente qualcuno in più ha compreso che il lavoro degli architetti è per loro e loro ne sono protagonisti; forse nel futuro penseranno che un architetto non è il personaggio astratto che spesso viene dipinto con feroce ironia da comici e vignette; nel prossimo futuro quindi prenderanno in considerazione di consultarlo direttamente o di chiedere che venga consultato per affrontare un problema collettivo avendo inteso che l’architetto è un professionista che pensa a loro più di altri.
Nello svolgimento dell’incontro abbiamo poi ritrovato questi temi nei racconti dei “ragazzi” della Scuola Holden, professionisti della parola, che presentavano le architetture partendo dal punto di vista di chi le abita, le vive. Tutti ne siamo stati colpiti ed affascinati senza un momento di stanchezza e dopo tutti si attardavano per parlarne senza correre via: una festa inaspettata.
Fondazione da qualche anno si muove in questa direzione, è la svolta che abbiamo dato con il nostro cda, qualcuno ci vorrebbe più “commerciali” perché dice che “con le parole e la cultura non si mangia”, noi crediamo invece che questa sia una strada concreta, che offra opportunità per un futuro immediato e soprattutto più stabile rispetto a contromisure parziali e di scarso respiro, i risultati ci danno ragione e perciò diciamo “non ti curar di lor, ma guarda e passa”.
Giorgio Giani
Presidente Fondazione per l’architettura / Torino