Un racconto per punti dell’incontro tra la Rete Nazionale delle Fondazioni e il presidente della Commissione Lavoro della Camera Onorevole Damiano.
I temi proposti dal Presidente Giorgio Giani per la RNdF.
#La Fondazione – Le Fondazioni degli Ordini degli Architetti sono ormai una realtà consolidata nel panorama italiano, e attuano una politica ambiziosa, che mette al centro dell’attenzione il progetto: senza un progetto non può esistere un’architettura, una città, un territorio, adeguati, funzionali e sicuri.
#Abbiamo toccato il fondo – Nella misurazione del nostro lavoro, che è una prestazione intellettuale, al tempo stesso tecnica e creativa, abbiamo superato qualsiasi logica giustificabile anche da criteri di concorrenza e autoregolamentazione del mercato.
#Un “minimo” di rispetto – Le recenti dichiarazioni dell’Onorevole Damiano circa la valutazione del ripristino dei parametri tariffari sono di grande interesse. L’eliminazione ha corrisposto all’abrogazione del nostro “contratto di lavoro”.
#Restituire valore al lavoro – Cancellare le tariffe è stato però solo l’ultimo atto di un processo di esproprio del valore del lavoro professionale durato per anni, dovuto alla scarsa attenzione dedicata in Italia al progetto. Se questo rispetto non è riconosciuto in primis dall’amministrazione pubblica, non c’è speranza che ciò avvenga dal sistema economico privato.
#Troppi Architetti? Forse no! – L’Italia è nel mondo il luogo con il maggior patrimonio architettonico, territoriale, paesaggistico storico e contemporaneo. Se si “progettasse” un investimento per la valorizzazione, tutela e riqualificazione di questo patrimonio, si metterebbe in moto un sistema in grado di dare lavoro a tutti gli architetti presenti.
L’intervento dell’Onorevole Cesare Damiano
#Un’analisi storica – Viviamo un’epoca di “capitalismo malato”. Lo sviluppo economico degli anni del dopoguerra è avvenuto con un capitalismo industriale che, con tutte le contraddizioni e le durezze delle situazioni di allora, puntava anche a far crescere la capacità economica dei lavoratori poiché essi stessi erano “mercato” per la loro produzione. Progressivamente anche le condizioni di lavoro andavano migliorando in virtù di un processo di innovazione del sistema produttivo che ha condotto all’automazione di alcune funzioni.
Oggi non assistiamo ad un processo di innovazione, ma di rivoluzione del sistema produttivo; il concetto di lavoro si sta trasferendo dal lavoro dipendente al lavoro autonomo per gli effetti dello “smart working”, ma si perdono anche migliaia di posti di lavoro perché il robot non serve più a migliorare la condizione lavorativa, ma diventa un sostituto del lavoratore.
#In quale direzione – La direzione deve essere quella di tornare a porre delle regole e bisogna individuare dei parametri che determinino il valore del lavoro stesso e lo tutelino. Vale per i nuovi lavori e lo smart working, vale per il lavoro professionale. In questo senso vanno le dichiarazioni che Damiano ha espresso sul ripristino dei parametri tariffari di riferimento minimo o più in generale dell’equo compenso, che è un diritto sancito dall’articolo 36 della Costituzione.
#Che fare – Rivedere i principi di regolazione della concorrenza; eliminare il concetto del massimo ribasso; mettere fuori legge organizzazioni fantasma che stipulano contratti “pirata”. In assenza di regole c’è solo la giungla, bisogna ripristinare un sistema di regole che consentano di andare nella direzione della redistribuzione della ricchezza che paradossalmente era presente nel capitalismo industriale e non più oggi.
#Nella pratica – Il disegno di legge sul lavoro autonomo difficilmente potrà includere il ripristino di parametri di valutazione del lavoro professionale, poiché bisogna essere consapevoli che da un lato ciò è possibile in presenza di una rappresentanza professionale che in modo chiaro e trasparente si faccia sentire in Parlamento; in secondo luogo, è necessario che ci sia il tempo per il lavoro parlamentare che oggi sembrerebbe contingentarsi per un ricorso al voto anticipato.