La salute è benessere fisico, mentale e sociale: per questo il verde è importante. Ne parleremo a settembre in un corso sugli healing garden.
Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come “uno stato di complessivo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia o infermità”. L’ospedale pertanto non deve più essere il luogo in cui si curano i malati, ma dove si promuove il benessere psico-fisico dell’individuo. Come? Anche attraverso il verde!
“Gli healing garden” ci spiega Chiara Martini, vicepresidente della Fondazione “sono giardini che hanno anche uno scopo terapeutico. Non sono solo luoghi belli da vedere, ma sono progettati in funzione di chi li deve vivere, seguendo linee guida specifiche in relazione alle malattie. Ad esempio, sono disegnati senza angoli retti per pazienti malati di Alzheimer, oppure attraverso una scelta vivaistica che stimoli il tatto, l’udito o l’olfatto per altre patologie. Alcuni di questi giardini prevedono un coinvolgimento attivo del fruitore attraverso il prendersi cura dello spazio; una pratica di orto-terapia diffusa per i disabili, ma anche nelle carceri per il reinserimento sociale.”
Qualche esempio di healing garden?
Il giardino sul tetto dell’Alta Bates Madical Center, in California, dove premendo l’enigmatico bottone “R” dell’ascensore ci si ritrova nel suo roof garden costituito da una sorta di piazza urbana, perfetta per l’incontro e il dialogo, e di aree più riservate per il rifugio individuale o le conversazioni più private, il tutto garantendo ai degenti di muoversi in completa autonomia.
Nel caso del Kaiser Permanent Medical Center, nella città californiana di Walnut Creek, l’healing garden è accessibile anche in caso di pioggia e nei giorni più caldi dell’anno: i pazienti possono accedere a un’ampia arcata coperta direttamente dalle camere provviste di porte in vetro scorrevoli.
Sempre dalla West Coast arriva l’esempio del California Pacific Medical Center di San Francisco, un ospedale universitario destinato a pazienti cronici la cui degenza media è di 30 giorni. Il suo giardino, parte integrante dell’identità della struttura, ospita due strutture vetrate, grandi cortili e campi da gioco. Inoltre all’ingresso del centro è disegnato un labirinto, elemento tratto dalla tradizione dei giardini giapponesi che ricorre spesso negli healing garden, come nel caso dell’Homewood Health Center di Guelph Ontario, in Canada. Qui, nel 1996, 55 acri sono stati trasformati in un giardino terapeutico grazie a un masterplan redatto sulla base di interviste fatte ai pazienti, individuando le funzioni ideali per ogni parte del terreno. Ad esempio i prati aperti sono stati identificati come preferibili per le attività rilassanti e individuali, mentre i terreni rivestiti da boscaglia sono stati classificati come luoghi ideali per passeggiate da fare in compagnia.
Tutti casi esteri purtroppo perché in Italia non c’è ancora abbastanza consapevolezza su questo tema. Da qui la decisione di promuovere un corso a settembre su questo argomento: Healing gardens: il verde che cura, in programma il 19 e il 26 settembre.
“Questo corso” prosegue Chiara Martini “è esempio di una politica che abbiamo voluto portare avanti in materia di formazione sul paesaggio in questi quattro anni: crediamo sia fondamentale infatti proporre una riflessione sulla progettazione del verde, non solo in relazione alla macro scala, ma anche a livello del disegno del giardino. E per farlo abbiamo portato in aula anche professionalità differenti, come il vivaista, con cui l’architetto collabora quotidianamente, per mostrare la multidisciplinarietà della materia”.